Il Reverse marketing è una strategia comunicativa che sta prendendo sempre più piede, soprattutto sui canali social. Come porta gli utenti all’acquisto? Semplice, dicendo di non comprare! Continua a leggere il mio articolo per sapere come funziona e perché sta avendo successo.
Come funziona il Reverse marketing?
Il reverse marketing, ovvero marketing inverso, si basa sul portare il consumatore ad eseguire una determinata azione in modo spontaneo, usando la capacità di creare interesse e curiosità ma, a differenza del marketing tradizionale, sfruttando terminologie e messaggi che sembrano quasi voler allontanare l’utente dal brand o dal prodotto. In questo modo non solo il reverse marketing riesce a catturare l’attenzione dell’utente, ma addirittura esalta le qualità del prodotto o del brand. Vediamo in che modo.
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Punti di forza: su cosa si basa il reverse marketing
Il reverse marketing si basa sulla psicologia inversa: in pratica con questo meccanismo psicologico si convince qualcuno a fare qualcosa senza chiederglielo in modo esplicito e addirittura assumendo una posizione avversa rispetto al proprio brand. In poche parole viene invertito il processo di convincimento, ma a quale scopo?

Il divieto di compiere l’azione fa scattare un senso di attrazione che spinge ad agire, ovvero più l’utente finale si sentirà rifiutato, più cercherà di avvicinarsi all’azienda. È il principio della reattanza: la tendenza umana ad agire in modo opposto a quello richiesto. Spinti da un meccanismo di autodifesa, infatti, gli utenti sono più attratti da ciò che è vietato loro e faticano a rispettare divieti e proibizioni, scatenando così il desiderio di fare l’esatto opposto.
Esempi vincenti di Reverse marketing
Il reverse marketing, con le sue strategie di psicologia inversa, riscuote molto successo nel campo del beauty. Un esempio italiano ben riuscito è quello dell’influencer ClioMakeUp con il video sui prodotti che “si pente di aver creato”; così, con tono polemico, esalta le caratteristiche vincenti dei suoi prodotti. L’obiettivo è sempre vendere, ma cambia il modo, che risulta anticonvenzionale e ironico.

Anche Patagonia ha avuto un notevole aumento di vendite in seguito alla campagna “don’t buy this jacket”, pubblicata sul New York Times nel 2011, che invitava i clienti a non comprare la giacca mostrata nell’annuncio. L’intento era sensibilizzare ai comportamenti consumistici, risaltando la vision aziendale eco-friendly, ma ovviamente una call to action negativa ha portato i clienti a comprare, con un aumento del 30% delle vendite di quella giacca.
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Dunque, il Reverse marketing risulta essere un’ottima strategia vincente: facendo leva sul principio della reattanza, con proibizioni e divieti, è possibile “giocare” con la mente del consumatore portandolo a desiderare un certo prodotto/servizio. Già George Lakoff, linguista statunitense, aveva elaborato questo concetto con il famoso “Non pensare all’elefante”, al quale è impossibile non disobbedire involontariamente. Allo stesso modo agisce Il Reverse marketing.
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