Chip e microchip sono ormai una parte essenziale delle nostre vite, ma nell’ultimo anno sono stati ancor più al centro dell’attenzione per via della loro mancanza. La crisi dei semiconduttori è il risultato di una somma di problemi che hanno portato a notevoli ritardi nella produzione in numerosi settori. Cerchiamo di capirne di più.

I microchip sono fondamentali in molti prodotti elettronici, non solo nell’informatica

Automobili, elettrodomestici, console di gioco, macchinari industriali, quasi tutti gli oggetti che usiamo durante la nostra giornata hanno ormai bisogno di uno o più chip, più o meno sofisticati. Quindi sì, abbiamo bisogno di molti chip, e la loro domanda aumenta costantemente.

Per cominciare, all’inizio del 2020 la pandemia da coronavirus ha causato enormi ritardi sia nella produzione che nella distribuzione di molti settori merceologici. Contemporaneamente, le persone di tutto il mondo si sono trovate a dover trascorrere tutto il loro tempo in casa, per lavorare ma anche nel tempo libero: questo ha causato un’impennata nella domanda di apparecchiature elettroniche, per quanto riguarda computer e strumenti di lavoro, l’intrattenimento o la vita quotidiana.

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Da non sottovalutare anche il ruolo delle tensioni commerciali e politiche fra gli Stati Uniti guidati da Trump e il governo cinese: i blocchi commerciali e l’instabilità economica e politica hanno portato alcune aziende a decidere di accaparrarsi quanti più materiali possibile, per evitare di ritrovarsi senza.

Ma c’è dell’altro!

Nel frattempo, la tempesta di neve che ha colpito il Texas lo scorso inverno ha bloccato per settimane due delle principali fabbriche di chip americane, pochi mesi dopo che un incendio aveva distrutto un’altra fabbrica di chip in Giappone. Questo è stato un grosso problema, considerando che la produzione di microchip è concentrata in poche grandi fabbriche.
Tutti questi fattori hanno contribuito a creare un effetto domino che, nel corso dell’ultimo anno, ha mandato in crisi diversi settori produttivi: i primi ad avere problemi sono stati i produttori di automobili, perché dato il tipo di produzione tutte le grandi fabbriche tendono a tenere scorte minime di componenti ed ordinarli in base alla domanda, e un’automobile moderna ha bisogno di un elevato numero di chip (una Tesla ne ha più di tremila, ma anche le auto a combustibile ne impiegano da diverse centinaia a un migliaio).

Successivamente è diventato complicato trovare i nuovi modelli di Playstation e XboX, fino agli annunci delle ultime settimane riguardo i tagli alla produzione di smartphone e gadget elettronici.

Per risolvere questa crisi molte nazioni stanno investendo grandi somme per aumentare la produzione di microchip, ma purtroppo ci vorrà del tempo perché la produzione di questi preziosissimi componenti è molto complessa: per produrli c’è bisogno di infrastrutture molto grandi e, soprattutto per i chip più sofisticati, manodopera molto specializzata con competenze tecniche elevate.

E quindi, quand’è che le cose torneranno alla normalità?

Le opinioni a riguardo sono abbastanza varie, ma il CEO di Intel Patrick Gelsinger ha il sospetto che ci possano volere altri due anni prima che la produzione di chip possa recuperare e tornare a soddisfare la domanda globale senza grossi ritardi.