NFT: ormai ne sentiamo parlare continuamente, stanno interessando sempre più mercati, soprattutto quello del collezionismo digitale, ma anche molti marchi, tra cui Nike, Louis Vuitton e F1 Racing, e artisti musicali.

Ma cosa sono i Non Fungible Token?
Il significato è deducibile dal termine stesso: “non-fungible” indica una risorsa non fungibile, ovvero non sostituibile, unica, esclusiva, che non è replicabile. Il termine “token” invece indica un oggetto fisico o logico necessario per le autenticazioni forti, dette a due fattori. Inoltre, è basato su blockchain, e rappresenta un bene specifico.

Dunque, un NFT è un tipo di token crittografico che rende un bene digitale unico e non replicabile: per farlo basa il suo funzionamento sul meccanismo della blockchain. Il token crittografico certifica quindi l’autenticità del file digitale e non può essere replicato.

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Ma da dove nascono gli NTF?
Già nel 2017 gli NFT ottennero per la prima volta un’ampia attenzione da parte del pubblico grazie a CryptoKitties, un gioco in cui gli utenti allevavano e scambiavano gatti digitali. Nel 2018 hanno subito un’impennata, che ha portato ad investimenti nel mercato di piattaforme per acquistare, vendere e coniare NFT. Nel 2019, alcuni grandi marchi legati alla Formula 1 e allo sportwear come Nike si sono avvicinati al mondo degli NFT, mentre nel 2020 hanno raggiunto ancora più successo: il mercato di questi token è triplicato in termini di dimensioni, raggiungendo, secondo i dati di The Hustle, oltre 250 milioni di dollari. È nel 2021 però il momento di maggior successo: sempre secondo The Hustle, solo in un mese, i top 10 oggetti da collezione hanno registrato un aumento medio del 400% su base mensile.

Come possono essere utilizzati questi token
Attraverso la tecnologia NTF, combinata con i servizi di piattaforme di digital commerce, è possibile certificare l’unicità di un contenuto digitale e monetizzarlo.

Si tratta di un’opportunità per valorizzare patrimonialmente i beni intangibili: quello che di fatto si acquista con questo sistema non è l’opera in sé, ma l’attestato digitale che ne conferma i diritti, che permette la compravendita di creazioni digitali di vario tipo, come immagini, video, o audio. Inizialmente gli NFT certificavano giochi, sport, arte e musica, ma oggi spaziano in tanti altri mercati, come i beni di lusso e gli articoli d’alta moda.

Il settore artistico si presta particolarmente bene perché gli NFT permettono di avere contemporaneamente più proprietari, dato che le royalties legate agli NFT sono divisibili. Ciò significa che questi token possono riconoscere una percentuale di guadagno continua al loro creatore.

Inoltre, si stanno riscontrando sempre più vendite all’asta di veri e propri pezzi della storia digitale: ne sono un esempio la vendita del primo SMS della storia (o meglio, della replica dettagliata e unica del protocollo di comunicazione originale che ha trasmesso il primo SMS) a ben 107 mila euro, o la prima pagina Wikipedia, addirittura a 170 mila dollari! Il ricavato di entrambi è stato devoluto in beneficenza.
Infatti, unicità ed esclusività sono ciò che spinge gli utenti appassionati ad acquistare i beni digitali, in particolare le opere d’arte.

Come si prospetta il futuro degli NFT?
Non si sa con precisione che andamento avranno questi token nel futuro, anche se per il momento stanno interessando sempre più persone e ambienti, tanto che, ad esempio, alcuni pensano che potranno andare a sostituire il collezionismo digitale a quello fisico, e che, in generale, i due ambienti (quello digitale e quello fisico) saranno sempre più integrati. Inoltre, come abbiamo detto, gli NFT toccano anche il campo del marketing e della pubblicità, aprendo infinite porte e possibilità di utilizzo.

Tuttavia, c’è stata una flessione del mercato dei Non Fungible Token a causa dei dubbi sul loro impatto ambientale. Infatti, gli NFT, essendo correlati alla blockchain, rappresentano un’enorme fonte di inquinamento: i processori che risolvono i complessi problemi matematici per registrare e verificare le transazioni su una blockchain, utilizzano hardware con un’elevata potenza di calcolo, e più potente è l’hardware, più redditizia è l’operazione.

C’è una forte competizione, e a vincere è chi ha a disposizione le macchine più performanti, quindi che consumano di più, perché vengono messi in campo più computer, nello stesso momento, dello stesso proprietario (queste operazioni prendono il nome di farming). Addirittura, quando sono in azione migliaia di processori, il farming viene svolto in capannoni climatizzati per evitare surriscaldamenti ed incendi. Questa operazione consuma enormi quantità di energia elettrica da fonti non rinnovabili.

Dunque, certo è che il futuro di questi token è ancora imprevedibile e del tutto da scrivere.

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