Alcuni lo definiscono il futuro di internet, più democratico e libero, ma gli scettici invece sono convinti non solo che si tratti di un’utopia, ma che questo tipo di struttura possa essere addirittura pericolosa e controproducente.
Ma come mai il Web3 suscita opinioni così discordanti? Proviamo a fare un po’ di chiarezza!
Con Wb3 si intende un’evoluzione del concetto attuale di internet: se al momento la maggior parte delle informazioni, dati e infrastrutture sono riconducibili al cosiddetto GAFAM (Google, Apple, Facebook, Amazon e Microsoft), i sostenitori di questo progetto vorrebbero un internet più indipendente e decentralizzato, intercomunicabile e soprattutto libero.
In che modo? Per prima cosa capiamo come funziona.
Il termine Web3 è stato utilizzato per la prima volta nel 2014 da Gavin Wood, il fondatore della tecnologia Ethereum: il concetto di Web3 infatti si basa proprio sull’utilizzo di questa piattaforma blockchain (se vuoi fare un ripasso sulle blockchain, ne avevo parlato qui) al posto di server e datacenter, conservando tutti i dati (criptati e frammentati) sui vari terminali che fanno parte della blockchain piuttosto che in un gigantesco datacenter. Di conseguenza, un po’ come le criptovalute sono monete indipendenti dai governi, allo stesso modo il Web3 sarebbe indipendente dalle grandi multinazionali GAFAM.
Un’idea molto bella in ambito teorico, ma cosa succede quando si distribuisce una risorsa come Internet in maniera orizzontale e non controllata? I detrattori del Web3 hanno le idee molto chiare: niente di buono. Vediamo le principali critiche che gli vengono mosse.
Asimmetria informativa
Per comprendere appieno i meccanismi del web3 ci sarebbe bisogno di conoscenze che non tutti possiedono. Dato che anche il funzionamento sarebbe basato su blockchain e criptovalute, preoccupa molto il fatto che l’assenza di controllo possa scatenare un far west di truffe, disinformazione, schemi piramidali e fregature di ogni tipo ai danni degli utenti non abbastanza informati.
Sostituire un problema con un altro problema
Abbiamo detto che i dati verrebbero conservati nei vari terminali piuttosto che in grossi data center gestiti dalle multinazionali. In prima analisi questo può sembrare un bene, ma nella realtà dei fatti poi sarebbe molto facile per i grandi investitori privati spendere soldi e comprare risorse per andare a sostituirsi alle multinazionali, ma senza tutti gli strumenti di controllo (giuridico, fiscale, tecnologico) che ci sono ora. In sostanza quindi finiremmo per peggiorare la situazione invece di migliorarla!
Scarsità artificiale
Il concetto delle criptovalute, strettamente legate al funzionamento del Web3, è proprio quello di dover imporre una sorta di scarsità artificiale a beni potenzialmente infiniti: in altre parole, se i bitcoin fossero illimitati (ed essendo completamente virtuali, tecnicamente lo sono!) non potrebbero avere il valore che hanno, e quindi è necessario imporgli un limite arbitrario.
Dopo i progressi ottenuti con il cloud computing, che rende l’estensione del web potenzialmente infinita, dovergli imporre una limitazione artificiale sarebbe un passo indietro più che un progresso, e renderebbe l’intera logistica del web più elaborata e costosa.
E l’ambiente?
Generalmente, si tende a sottovalutare l’impatto ambientale di internet perché viene percepito come qualcosa di immateriale, astratto e che quindi non possa in alcun modo causare inquinamento. Bene, non è affatto così! Tutte le informazioni che circolano ogni giorno fra i nostri dispositivi, le foto, i siti internet e i documenti devono comunque essere conservate su un supporto fisico, i server, che sono a loro volta conservati in enormi data center che hanno bisogno di essere non solo alimentati, ma anche climatizzati per evitare surriscaldamenti (e quindi incendi) consumando grosse quantità di energia.
La tecnologia blockchain ha bisogno di grandissime quantità di energia per poter garantire ai terminali la capacità di calcolo necessaria al suo funzionamento. Il consumo energetico rappresenta già un problema allo stato attuale delle cose: se tutto il web dovesse passare ad essere gestito in modalità blockchain parleremmo di quantità di energia enormi, che non sono ancora neanche immaginabili sfruttando solo le fonti rinnovabili.
In sostanza, quindi, il Web3 sembra sollevare molti più problemi di quanti non ne possa risolvere, e di certo al momento non disponiamo dei mezzi e delle risorse necessarie per renderlo la soluzione ideale.