Il continuo progresso dell’intelligenza artificiale porta, negli ultimi tempi, a parlare sempre più spesso della correlazione che c’è, o perlomeno si pensa che ci sia, tra IA e perdita dei posti di lavoro. Cerchiamo di capire a che punto siamo tra l’impatto economico e le conseguenze sui lavoratori.

Perché si teme la perdita del lavoro

Pensando alla quantità di azioni che l’IA è in grado di fare e i numerosi settori nei quali viene utilizzata, l’idea comune è che, così come è stato nelle epoche di grandi cambiamenti tecnologici, questa “rubi” il lavoro umano. È quindi necessario fare chiarezza sui vari aspetti favorevoli e sfavorevoli riguardo l’IA, consapevoli che in ogni caso il modo di lavorare sta cambiando

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I lavori che sicuramente stanno affrontando più cambiamenti sono quelli che comprendono mansioni di routine: questo perché lo spettro delle possibilità di utilizzo dell’IA è molto ampio e a risentirne maggiormente sono i lavoratori con professioni meno specializzate e che richiedono meno responsabilità, quindi con compiti più ripetitivi che potrebbero essere svolti facilmente dall’intelligenza artificiale. 

Vediamo ora i pro e contro di includere l’AI nel mondo del lavoro

Secondo una stima, circa l’80% dei lavoratori coinvolti con il progresso dell’IA nel mondo del lavoro potrebbe sfruttare l’AI integrandola a proprio vantaggio e ottenendo miglioramenti se utilizzata in modo complementare al proprio operato, grazie anche a una formazione adeguata. 

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Al tempo stesso, secondo uno studio condotto da Massachusetts Institute of Technology, l’intelligenza artificiale non è in grado di sostituire la maggior parte dei posti di lavoro e questo anche perché, al momento, non rappresenta un vantaggio economico e ad oggi si tratta più di supporto che di sostituzione. Si tratta poi di una percentuale di automazione dei compiti molto bassa, pari al 3%, anche se potrebbe salire nei prossimi anni, secondo le stime fino al 40% nel 2030.

Un altro punto a favore riguardo l’integrazione dell’IA nel lavoro, secondo il direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence, almeno prendendo in considerazione l’Italia e limitandosi a guardare solo i numeri, è che bisogna tenere conto delle previsioni future relative al cambiamento demografico: in poche parole con l’invecchiamento della popolazione è ipotizzato un potenziale gap di posti di lavoro pari a 5 milioni entro il 2033. Dunque, in questa prospettiva l’automazione di posti di lavoro sembrerebbe essere quasi una necessità.  A tal proposito potrebbe interessarti il mio articolo ChatGPT Enterprise: la versione aggiornata dell’AI per aziende.

C’è comunque da constatare che, ad oggi, i licenziamenti derivati dall’introduzione dell’IA sono già arrivati e riguardano prevalentemente le grandi aziende, ovvero le big tech come Google o Meta. 

Dunque, analizzando i vari punti che abbiamo affrontato, emerge che nella maggior parte dei casi l’apporto umano al lavoro è più conveniente da un punto di vista economico, almeno al momento. In futuro, è invece probabile che ci sarà un impiego più massiccio dell’IA e che questa si affiancherà al lavoro umano, mentre una sostituzione dell’uomo ci potrebbe essere, ma eventualmente avverrà in modo graduale e non repentino. Tanti lavori verranno sostituiti ma al tempo stesso ce ne saranno di nuovi, come già sta succedendo e come è già successo anche in passato con i grandi cambiamenti tecnologici. Sarà quindi una sfida necessaria trovare un adattamento ai cambiamenti che verranno. 

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